Coronavirus

Emergenza Coronavirus Il decreto liquidità n.23/2020 dell’8 aprile. Disposizioni in materia di Salute e di Lavoro. – articolo 38 – Disposizioni in materia di Medicina Convenzionata. I medici di base una categoria di lavoratori troppo trascurata. Di Fabio Petracci già Presidente (2009/2012) del Collegio Arbitrale Regione FVG Commissione Paritetica – Medici di Base FVG.

Le recenti disposizioni di legge sull’emergenza COVID

Il decreto liquidità al Capo VI articolo 38 dopo aver trattato prevalentemente temi finanziari, si sofferma su alcune disposizioni urgenti in materia contrattuale in favore della medicina convenzionata, anticipando gli effetti economici dell’Accordo Collettivo Nazionale 2016 – 2018.

La norma dichiaratamente è finalizzata a compensare la categoria del maggior impegno richiesto ai medici convenzionati per garantire la continuità assistenziale durante l’emergenza sanitaria in corso.

La legge specifica poi che le misure economiche a favore dei professionisti vengono adottate anche per garantire la reperibilità a distanza dei medici della medicina generale (telefonica, SMS, Sistemi di messagistica, Sistemi di videocontatto e videoconsulto) per tutta la giornata anche con l’ausilio del personale di studio, in modo da contenere il contatto diretto e conseguentemente limitare i rischi di contagio dei medici e del personale stesso.

Si attribuisce quindi ai medici l’onere di dotarsi di sistemi di piattaforme digitali che consentano il contatto ordinario e prevalente con i pazienti fragili e cronici gravi, collaborando a distanza, sorvegliando inoltre i pazienti in quarantena o in isolamento o in fase di guarigione dimessi precocemente dagli ospedali.

L’intervento legislativo trova in realtà la propria ragione nella difficile situazione in cui si sono trovati i medici di base di fronte all’avanzare del contagio.

Medici di base e coronavirus.

Naturalmente nel corso dell’epidemia le categorie professionali maggiormente visibili a causa anche dei rischi e dello stress sono stati i medici e gli infermieri degli ospedali che hanno operato nei reparti d terapia intensiva.

Importante è stato anche l’apporto dei medici di famiglia vera e propria linea di comunicazione tra il fronte ospedaliero ed il manifestarsi del contagio sul territorio.

In realtà spesso questo contatto ha incontrato notevoli difficoltà, in quanto questa categoria che si pone a metà strada tra il libero professionista ed il medico dipendente non ha ricevuto i supporti organizzativi, informativi, nonché le attrezzatture necessarie.

La categoria ha avuto tra l’altro numerosi deceduti in servizio a causa del contagio.

La pandemia sviluppatasi ha infatti messo a dura prova l’operatività delle strutture sul territorio evidenziando come non sempre abbia funzionato il raccordo tra l’attività di cura ospedaliera ed il rilevamento del contagio sul territorio.

Si è ampiamente evidenziata la necessità di una nuova organizzazione della medicina convenzionata ed un doveroso riconoscimento della sua importanza e del suo potenziamento.

Una breve storia della regolamentazione del lavoro di questa categoria di professionisti.

La Medicina Generale del Territorio in alcuni paesi denominata medicina di famiglia, è un settore professionale di recente istituzione.

In Italia, sino alla prima metà del novecento, le cure mediche primarie sul territorio erano affidate alle condotte mediche.

Di seguito, si passava all’assistenza medica mutualistica.

Verso la fine degli anni 70, si decideva di avvicinarsi al modello inglese che affidava a ciascun medico una lista di pazienti, in modo che tutta la popolazione potesse avere un proprio medico di riferimento.

Tale modello venne adottato con la riforma della sanità del 1978.

La Riforma Sanitaria.

L’articolo 48 della legge 23.12.1978 n.833 (Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale), esordiva menzionando un accordo economico nazionale che doveva disciplinare il rapporto di lavoro e l’organizzazione dei medici convenzionati che avrebbero dovuto operare sul territorio.

La legge imponeva in ogni caso che detti accordi dovessero rispettare determinati parametri.

Quali un rapporto ottimale tra medico ed assistibili che avrebbe poi dovuto determinare il pagamento del compenso. Dovevano inoltre essere stabiliti dei precisi percorsi di formazione e degli elenchi unici. Erano imposte inoltre tutta una serie di incompatibilità e delle forme di controllo da parte di apposite commissioni paritetiche di disciplina che potevano anche irrogare sanzioni, rispettando i principi della contestazione degli addebiti.

Le finalità di questa organizzazione contrattualizzata erano quelle di assicurare la continuità dell’assistenza e forme di prevenzione e di educazione sanitaria.

Si creava quindi un corpo di liberi professionisti disciplinati da un contratto collettivo nazionale, istituendosi così una categoria di medici la cui prestazione era sicuramente autonomo, pur risentendo di molti aspetti del lavoro dipendente.

La Legge Balduzzi.

Il decreto legge n.158/2012 come convertito in legge n.189/2012 opera la riforma dello status dei professionisti di medicina generale.

Esso istituisce in primo luogo, un ruolo unico per le figure professionali dei medici di base e dei medici di guardia. (comma 3 articolo 1 DL n.183/2012).

Il comma 1 del medesimo articolo 1 invece, riordina l’attività dei soggetti convenzionati richiedendo che essa sia svolta all’interno di strutture organizzative mono professionali o multi professionali.

Si vuole in tal modo creare delle strutture sanitarie organizzate e sempre disponibili sul territorio affidandole ai medici di base venendo così incontro anche al ridimensionamento delle strutture sanitarie principali ed evitando l’ormai noto intasamento del pronto soccorso.

La riforma non attecchisce boicottata anche da spinte corporative e dal subentro di altri ministri al dicastero della sanità.

Forse l’attuale contingenza potrebbe indurre a qualche ulteriore riflessione.