Il ricorso gerarchico all’inps e il principio di legittimo affidamento alla pubblica amministrazione

1.Il principio di legittimo affidamento alla pubblica amministrazione; 2. Caso di specie: il cittadino straniero che chiede il cumulo dei contributi e l’inerzia della pubblica amministrazione; 3. Lo strumento del ricorso gerarchico all’INPS; 4. Il ricorso amministrativo contro un provvedimento dell’INPS e la previsione dell’articolo 328 c.p.

  1. Il principio di legittimo affidamento alla pubblica amministrazione

L’articolo 97 della nostra Costituzione stabilisce come principi generali dell’ordinamento l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione, principi fondamentali su cui si costruisce l’agire della pubblica amministrazione e l’intero diritto amministrativo italiano.

Più in particolare, da questi principi generali deriva un ulteriore principio, elaborato prima a livello europeo e successivamente introdotto anche nella giurisprudenza tedesca: il principio di legittimo affidamento del cittadino alla pubblica amministrazione.

Ciò che questo principio intende tutelare sono le aspettative che la pubblica amministrazione, attraverso i suoi atti o comportamenti, ingenera nel cittadino.

Ciò accade anche quando il lavoratore che, alla fine della propria carriera, raggiunti i requisiti anagrafici e contributivi, intende accedere alla pensione.

  1. Caso di specie: il cittadino straniero che chiede il cumulo dei contributi e l’inerzia della pubblica amministrazione

Accade di sovente che, di fronte alla complessità dell’ipotesi, si verificano situazioni di paralisi dell’attività amministrativa.

Viene proposto come caso paradigmatico quello del cittadino straniero che per diversi anni ha lavorato in Italia e ha provveduto ad inoltrare correttamente all’INPS la domanda di pensione di vecchiaia in convenzione internazionale con il Paese di origine, con cumulo dei contributi maturati nei due Stati.

Dopo diversi anni dalla richiesta, al Signore in questione non è ancora stata liquidata la pensione, nonostante i ripetuti solleciti da parte dello stesso, del patronato e dello studio legale a cui all’uopo si è rivolto.

A questi, visti i numerosi solleciti, viene comunicata dalla sede INPS competente, via PEC, la possibilità di impugnare il provvedimento di reiezione della domanda di pensione attraverso un reclamo da proporre con un’apposita procedura attivabile nell’area personale sul sito dell’INPS entro il termine di 90 giorni, termine previsto dall’articolo 443 c.p.c., per l’impugnazione dei provvedimenti dell’Ente.

Questa risposta riporta delle criticità sotto vari aspetti: innanzitutto, l’inesistenza di un provvedimento di reiezione della domanda di pensionamento. La domanda del lavoratore, infatti, non è stata rigettata, ma neanche accolta. Ci si trova, invece, di fronte ad una situazione di inerzia della pubblica amministrazione.

Dall’altro lato, l’ex lavoratore straniero (soprattutto se non ha passato molti anni lavorando in Italia e non ha avuto molto tempo od occasioni per praticare la lingua) ha meno autonomia rispetto all’ex lavoratore italiano nell’utilizzo dell’area personale dell’INPS, tanto per una questione linguistica – da non sottovalutare – quanto per il più probabile mancato possesso delle credenziali SPID, del PIN INPS o della carta di identità elettronica italiana, vista la maggiore difficoltà, rispetto al madrelingua italiano, a conseguirli a causa della barriera linguistica.

  1. Lo strumento del ricorso gerarchico all’INPS

In questo caso di specie è stato violato, da parte della pubblica amministrazione, il principio di legittimo affidamento, poiché tradite le aspettative dell’ex lavoratore nei confronti dell’amministrazione.

L’articolo 443 c.p.c. prevede a riguardo la tutela giurisdizionale, ma il ricorso amministrativo non può essere presentato se non dopo l’impugnazione del provvedimento dell’INPS entro il termine di 90 giorni decorrenti dalla data del provvedimento o dalla formazione del silenzio-rigetto. Dopo questi, è previsto un ulteriore termine di 120 giorni per ottenere una risposta da parte dell’INPS.

Scaduto anche questo termine, è possibile la proposizione del ricorso amministrativo.

In pratica, secondo la normativa comune di legge, la controversia giudiziale non è ammissibile e procedibile, se prima l’utente non ha esaurito le procedure amministrative previste.

Più nello specifico del diritto amministrativo, la legge 241/1990 prevede, all’articolo 2, comma 1, l’obbligo delle pubbliche amministrazioni a concludere il procedimento attraverso un provvedimento espresso, nel termine massimo di 90 giorni, come previsto dal comma 3.

In ogni caso, ai sensi del comma 9, “la mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e funzionario inadempiente”.

Contestualmente ed ancora di più nello specifico, esiste una fonte interna dell’ente di previdenza: il regolamento INPS per la definizione dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi, approvato dal Consiglio di Amministrazione dell’INPS alla seduta del 20.12.2020 (deliberazione n. 11) – poi messo a conoscenza dell’Ente attraverso la circolare n. 55 del 08.04.2021, che prevede lo strumento del ricorso gerarchico quando l’amministrazione è inerte nella conclusione del procedimento (strumento già previsto dall’articolo 2 della legge 241/1990, sopra menzionato, al comma 9-ter).

Il regolamento INPS, inoltre, prevede anche i termini specifici entro cui i procedimenti devono essere conclusi. Nel caso di specie di cui al secondo paragrafo del pensionamento di vecchiaia in convenzione internazionale, il termine massimo per la conclusione della procedura è di 85 giorni (tabella A allegata al regolamento).

Interessante l’articolo 9, comma 5 del regolamento, che prevede nel particolare del contesto dell’INPS il potere sostitutivo della sede Provinciale o Regionale qualora il procedimento non venga concluso nei termini stabiliti. Il cittadino, infatti, può rivolgersi direttamente alla sede Provinciale o Regionale, chiedendo di sostituirsi all’Ufficio inerte. Questi sono obbligati a concludere il procedimento o a fornire informazioni al richiedente entro la metà del termine previsto dalla tabella A.

Tuttavia, la procedura per ottenere un provvedimento da parte dell’INPS può non concludersi nonostante tutte queste tutele, poiché l’Ente continua a rimanere inerte.

  1. Il ricorso amministrativo contro un provvedimento dell’INPS e la previsione dell’articolo 328 c.p.

Come anticipato nel secondo paragrafo, nel caso di specie dell’ex lavoratore straniero non è possibile attivare la procedura di cui all’art. 443 c.p.c., poiché non esistente un provvedimento dell’Ente, bensì l’INPS è inerte nell’emetterlo. Vi è da chiedersi se l’inerzia dell’INPS raffiguri un vero e proprio silenzio, dal momento che l’Ente ha risposto in maniera non negativa.

In caso ci fosse un provvedimento da impugnare, il cittadino straniero avrebbe potuto accedere all’area personale sul sito dell’INPS attraverso il proprio PIN INPS, le proprie credenziali SPID o la propria carta di identità elettronica italiana, e seguire il procedimento guidato indicato, oppure avrebbe potuto rivolgersi ad un patronato o al legale di fiducia, entro 90 giorni dall’emissione del provvedimento, per proseguire con l’iter di cui all’art. 443 c.p.c. ed arrivare al ricorso amministrativo.

Nel caso di mancanza di un provvedimento dell’INPS e di una risposta nonostante l’attivazione delle tutele, invece, sarebbe possibile utilizzare i normali strumenti della legge 241/90 per pervenire alla fine alla formulazione di una querela contro l’Ente, poiché potrebbe configurarsi il reato di cui all’art. 328 c.p., “Omissione di atti d’ufficio”, che prevede che “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che entro 30 giorni dalla richiesta con chi vi abbia interesse con compie l’atto del suo ufficio e non risponde per le ragioni del suo ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino ad euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della domanda stessa”.

Come ricordato nel paragrafo sopra, da regolamento INPS per la definizione dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi, la procedura dopo il ricorso alla Direzione Regionale deve concludersi entro la metà del tempo previsto per la conclusione del procedimento (nel caso di pensionamento in convenzione internazionale, nella metà di 85 giorni).

Questo problema di configurabilità del reato di cui all’art. 328 c.p. è stato affrontato anche dalla circolare dello stesso INPS del 20.10.1995, n. 264.

Così, infatti, la circolare, che nella premessa sottolinea che “Il diritto del cittadino utente ad ottenere una risposta sollecita ed esauriente nel merito, secondo una logica convergente con quella su cui è fondata la legge 241/1990”, ed invita poi il personale a concludere le pratiche entro i termini previsti:

“Per prevenire il concretarsi della fattispecie penalmente sanzionata è dunque necessario emettere nel termine dei 30 giorni il provvedimento o l’atto d’ufficio richiesto, ovvero, in alternativa, quando ciò non sia possibile, dare risposta, entro lo stesso termine per chiarire le ragioni del ritardo o dell’inadempienza. A quest’ultimo riguardo occorre avere ben presente che la motivazione addotta nella risposta non può essere soltanto generica (ad es. esistenza di arretrato, notevole mole di lavoro), ma deve essere necessariamente circostanziata e “personalizzata”, sicché possa valere come vera e propria motivazione del ritardo e del comportamento tenuto nella circostanza, con riferimento alla specifica pratica oggetto della richiesta”.

Dott.ssa Chiara Bassanese