Nuovo Codice degli appalti DLGS 36/2023. Cosa cambia per il lavoro

Il nuovo codice degli appalti (dlgs. 36/2023) è entrato in vigore il 1° aprile 2023, ma le sue disposizioni acquistano efficacia dal 1° luglio 2023.

Tra le novità introdotte dall’intervento normativo ve ne sono alcune di primaria importanza sotto il profilo lavoristico.

  1. Applicazione contrattazione collettiva.

Anzitutto, ai sensi dell’art. 11 del nuovo Codice – rubricato “Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore. Inadempienze contributive e ritardo nei pagamenti” – trova applicazione nei confronti del personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni il contratto collettivo (nazionale e territoriale) in vigore per il settore e per la zona nella quale vengono eseguite le prestazioni di lavoro.

Il contratto collettivo da applicare deve essere indicato nei bandi di gara ed è quello stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.

I soggetti che partecipano alla gara di appalto possono però indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo dagli stessi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente.

In tale ultimo caso, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono acquisire una dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione.

Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti sono comunque tenute ad assicurare che le medesime tutele normative ed economiche siano garantite anche ai lavoratori in subappalto.

  1. Inadempienza contributiva.

In caso di inadempienza contributiva risultante dal documento unico di regolarità contributiva (DURC) relativo al personale dipendente dell’affidatario o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi, impiegato nell’esecuzione del contratto, la stazione appaltante trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile.

  1. La ritenuta a garanzia.

In ogni caso sull’importo netto progressivo delle prestazioni è operata una ritenuta dello 0,50%. Esse possono essere svincolate, ma soltanto in sede di liquidazione finale, dopo l’approvazione da parte della stazione appaltante del certificato di collaudo o di verifica di conformità, previo rilascio del documento unico di regolarità contributiva.

  1. Ritardato o mancato pagamento delle retribuzioni.

Infine, in caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute ai lavoratori, il responsabile unico del progetto invita per iscritto il soggetto inadempiente, ed in ogni caso l’affidatario, a provvedervi entro i successivi 15 giorni.

Ove non sia stata contestata formalmente e motivatamente la fondatezza della richiesta entro il termine, il Legislatore pone a carico della stazione appaltante il pagamento delle retribuzioni arretrate, anche in corso d’opera, direttamente ai lavoratori, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all’affidatario del contratto o dalle somme dovute al subappaltatore inadempiente nel caso in cui sia previsto il pagamento diretto.

  1. Clausole sociali.

Ai sensi dell’art. 57, invece, – rubricato “Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi e criteri di sostenibilità energetica e ambientale” – gli affidamenti dei contratti di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale e per i contratti di concessione i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti, tenuto conto della tipologia di intervento, devono contenere specifiche clausole sociali con le quali sono richieste, come requisiti necessari dell’offerta, misure orientate tra l’altro a garantire:

le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate;

la stabilità occupazionale del personale impiegato;

l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente;

le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare.

  1. Il subappalto.

In materia di subbappalto, infine, l’art. 119 prevede la responsabilità in solido dell’affidatario rispetto: alla osservanza del trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell’ambito del subappalto; nonché gli obblighi retributivi e contributivi, ai sensi dell’articolo 29 del D.Lgs. n. 276/2003.

L’appaltatore è però liberato dalla responsabilità solidale se il subcontraente è una microimpresa o impresa piccola ovvero su richiesta del subcontraente e se il contratto lo consente.

Il personale Tecnico Amministrativo che opera nell’ambito degli appalti.

Cosa cambia con il DLGS 36/2023?

Gli incentivi per il personale che svolge funzioni tecniche nell’appalto.

La questione ha costituito un punto molto importante e discusso nell’ambito della disciplina degli appalti, a 30 anni dall’entrata in vigore della legge Merloni.

La legge Merloni – legge 109/1994 all’articolo 18 prevedeva nel caso di lavori pubblici ed appalti di opere e di servizi (articolo 2 della legge medesima) un incentivo a valere sugli stanziamenti appositi nella misura del 15% a favore del personale addetto alle procedure di appalto.

Così stabiliva questa disposizione di legge dopo le modifiche apportate nel 1999:

Articolo 18.

  1. Una somma non superiore all’1,5 per cento dell’importo posto a base di gara di un’opera o un lavoro, a valere direttamente sugli stanziamenti di cui all’articolo 16, comma 7, è ripartita, per ogni singola opera o lavoro, con le modalità ed i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata ed assunti in un regolamento adottato dall’amministrazione, tra il responsabile unico del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo nonché tra i loro collaboratori. La percentuale effettiva, nel limite massimo dell’1,5 per cento, è stabilita dal regolamento in rapporto all’entità e alla complessità dell’opera da realizzare. La ripartizione tiene conto delle responsabilità professionali connesse alle specifiche prestazioni da svolgere. Le quote parti della predetta somma corrispondenti a prestazioni che non sono svolte dai predetti dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all’organico dell’amministrazione medesima, costituiscono economie. I commi quarto e quinto dell’articolo 62 del regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, sono abrogati. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera b), possono adottare con proprio provvedimento analoghi criteri.
    (comma così sostituito dall’articolo 13, comma 4, legge n. 144 del 1999)

Con il DLGS 163/2006, i compensi per detto personale erano affidati ad apposito decreto emanato dal Ministero di Giustizia.

Entrava in vigore successivamente il DL 90/2014 che convertito nella legge 114/2014 all’articolo 7 ter stabiliva che

L’80 per cento delle risorse finanziarie del fondo per la progettazione e l’innovazione è ripartito, per ciascuna opera o lavoro, con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale e adottati nel regolamento di cui al comma 7-bis, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori; gli importi sono comprensivi anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione. Il regolamento definisce i criteri di riparto delle risorse del fondo, tenendo conto delle responsabilità connesse alle specifiche prestazioni da svolgere, con particolare riferimento a quelle effettivamente assunte e non rientranti nella qualifica funzionale ricoperta, della complessità delle opere, escludendo le attività manutentive, e dell’effettivo rispetto, in fase di realizzazione dell’opera, dei tempi e dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo. Il regolamento stabilisce altresì i criteri e le modalità per la riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro a fronte di eventuali incrementi dei tempi o dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo, redatto nel rispetto dell’articolo 16 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, depurato del ribasso d’asta offerto. Ai fini dell’applicazione del terzo periodo del presente comma, non sono computati nel termine di esecuzione dei lavori i tempi conseguenti a sospensioni per accadimenti elencati all’articolo 132, comma 1, lettere a), b), c) e d). La corresponsione dell’incentivo è disposta dal dirigente o dal responsabile di servizio preposto alla struttura competente, previo accertamento positivo delle specifiche attività svolte dai predetti dipendenti. Gli incentivi complessivamente corrisposti nel corso dell’anno al singolo dipendente, anche da diverse amministrazioni, non possono superare l’importo del 50 per cento del trattamento economico complessivo annuo lordo. Le quote parti dell’incentivo corrispondenti a prestazioni non svolte dai medesimi dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all’organico dell’amministrazione medesima, ovvero prive del predetto accertamento, costituiscono economie. Il presente comma non si applica al personale con qualifica dirigenziale.

Con il codice degli appalti DLGS 50/2016

L’articolo 113 del DLGS 50/2016 Codice degli appalti disciplina nuovamente gli incentivi destinati alle funzioni tecniche e tecnico – amministrative nell’ambito degli appalti di lavori pubblici di lavori, servizi, forniture.

E’ stabilito un obbligo per ciascuna amministrazione di prevedere una quota pari al 2% sull’importo posto a base di gara.

All’intero, una quota pari all’80% è attribuita per ciascuna opera o servizio, secondo modalità da concordarsi in sede di contrattazione collettiva decentrata e sulla base di un regolamento adottato da ogni singola amministrazione.

La restante quota pari al 20% può invece essere utilizzata per l’acquisto di beni, servizi, o per tirocini professionali.

Il nuovo codice degli appalti. DLGS 36/2023.

Con il nuovo codice degli appalti DLGS 36/2023 articolo 45 e allegato 1.10, la materia subisce ulteriori modifiche e specificazioni-

Il nuovo codice conferma la previsione che vuole devoluto alle funzioni tecniche – amministrative il 2% –

L’allegato 1.10 specifiche le attività tecnico amministrative che potranno avvalersi della previsione.

Se gli incentivi rappresentano il 2% dell’importo dei lavori, su questa quota è operata una ulteriore ripartizione.

L’80% è desinato ai tecnici ed il residuo 20% può essere utilizzato per l’acquisto di beni, strumenti, servizi o per tirocini e corsi, ma anche per l’introduzione di nuove tecnologie.

E’ inoltre aumentato il tetto massimo degli incentivi che viene elevato al 100% del tetto retributivo individuale, mentre il DLGS 50/2016 prevedeva un tetto massimo del 50%.

Pagamento diretto.

Non si verificherà più nessuna confluenza delle somme dovute nel fondo per l’incentivazione.

Gli importi saranno invece erogati direttamente al personale dipendente.

L’allegato I.10 contiene inoltre un elenco tassativo delle attività tecniche destinatarie degli stanziamenti. Ne riportiamo il testo:

“ALLEGATO I.10 – Attività tecniche a carico degli stanziamenti previsti per le singole procedure (Articolo 45, comma 1)

Attività di:

– programmazione della spesa per investimenti;
– responsabile unico del progetto;
– collaborazione all’attività del responsabile unico del progetto (responsabili e addetti alla gestione tecnico-amministrativa dell’intervento)
– redazione del documento di fattibilità delle alternative progettuali;
– redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica;
– redazione del progetto esecutivo;
– coordinamento per la sicurezza in fase di progettazione;
– verifica del progetto ai fini della sua validazione;
– predisposizione dei documenti di gara;
– direzione dei lavori;
– ufficio di direzione dei lavori (direttore/i operativo/i, ispettore/i di cantiere);
– coordinamento per la sicurezza in fase di esecuzione;
– direzione dell’esecuzione;
– collaboratori del direttore dell’esecuzione
– coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione;
– collaudo tecnico-amministrativo;
– regolare esecuzione;
– verifica di conformità;
– collaudo statico (ove necessario).”

Per quanto riguarda le erogazioni, pare non si rendono più necessarie negoziazioni in sede sindacale o regolamenti aziendali.

Stabilisce il nuovo codice degli appalti sempre all’articolo 45 testualmente che:

I criteri del relativo riparto, nonché quelli di corrispondente riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro, a fronte di eventuali incrementi ingiustificati dei tempi o dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo, sono stabiliti dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti, secondo i rispettivi ordinamenti, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del codice.

L’articolo 45 del Codice Appalti stabilisce inoltre che che

“l’allegato I.10 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.”

Stabilisce inoltre l’articolo 45 in termini innovativi come la normativa incentivante si applichi anche agli appalti relativi a servizi o forniture nel caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione.

La competenza dell’erogazione è con il nuovo codice del dirigente incaricato, sentito il RUP-

Così stabilisce l’articolo 45 del nuovo Codice Appalti al comma 4:

L’incentivo di cui al comma 3 è corrisposto dal dirigente, dal responsabile di servizio preposto alla struttura competente o da altro dirigente incaricato dalla singola amministrazione, sentito il RUP, che accerta e attesta le specifiche funzioni tecniche svolte dal dipendente.

Inoltre l’articolo 45 già citato del nuovo codice appalti stabilisce pure in maniera dettagliata la destinazione del residuo 20% del fondo, nei seguenti termini:

“6.    Con le risorse di cui al comma 5 l’ente acquista beni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione, anche per incentivare:

  1. a)  la modellazione elettronica informativa per l’edilizia e le infrastrutture;
  2. b)  l’implementazione delle banche dati per il controllo e il miglioramento della capacità di spesa;
  3. c)  l’efficientamento informatico, con particolare riferimento alle metodologie e strumentazioni elettroniche per i controlli.
  4.   Una parte delle risorse di cui al comma 5 è in ogni caso utilizzata:
  5. a)  per attività di formazione per l’incremento delle competenze digitali dei dipendenti nella realizzazione degli interventi;
  6. b)  per la specializzazione del personale che svolge funzioni tecniche;
  7. c)  per la copertura degli oneri di assicurazione obbligatoria del personale.
  8.   Le amministrazioni e gli enti che costituiscono o si avvalgono di una centrale di committenza possono destinare, anche su richiesta di quest’ultima, le risorse finanziarie di cui al comma 2 o parte di esse ai dipendenti di tale centrale in relazione alle funzioni tecniche svolte. Le somme così destinate non possono comunque eccedere il 25 per cento dell’incentivo di cui al comma 2.”

La Redazione

VIDEO del Seminario “Salario minimo garantito”

Video descrittivo dell’evento tenutosi a Milano il 14 luglio 2022 sul tema del Salario Minimo Garantito. Legge e contrattazione collettiva.

VIDEO – Contratto: Procedimento disciplinare nella scuola dopo la legge Madia

Video-intervista sul tema del Procedimento disciplinare nella scuola dopo la legge Madia, tema del seminario di formazione per RSU-Tas e Dirigenti sindacali tenutosi a Napoli il 29 gennaio 2022.

VIDEO – Quadri e Alte Professionalità nel Pubblico Impiego (meritocrazia e professionalità)

Video del convegno “Quadri e Alte Professionalità nel Pubblico Impiego (meritocrazia e professionalità)” tenutosi il 10 mar 2022.

Alte professionalità

Salario minimo – rappresentatività – contrattazione collettiva

Intervento  del Presidente del Centro Studio, Fabio Petracci in occasione del seminario “Salario minimo garantito” tenutosi a Milano il 14 luglio scorso.

Le esigenze dei quadri e delle specifiche rappresentanze professionali.

L’introduzione di un salario minimo può comportare significative conseguenze sia sul piano della contrattazione collettiva, sia su quello della rappresentatività delle organizzazioni sindacali.

Rileviamo però che non si tratta di un’interdipendenza assoluta ed inevitabile in tutte le sue conseguenze.

Verificheremo la possibilità di introdurre un salario minimo senza influire in maniera significativa sullo stato attuale della contrattazione collettiva e della rappresentatività.

Verificheremo inoltre le inevitabili ricadute dell’introduzione del salario minimo sulle dinamiche contrattuali delle categorie che direttamente non paiono interessate al salario minimo, come la categoria dei quadri.

Effettueremo le nostre riflessioni sulla base delle normative vigenti che possono accompagnare l’introduzione di un salario minimo.

 

La direttiva comunitaria limiti ed effetti.

La direttiva non contiene e peraltro non potrebbe contenere misure atte ad incidere direttamente sul livello delle retribuzioni nei singoli paesi della Comunità. Il trattato di funzionamento dell’Unione Europea all’articolo 135 vieta alla Comunità di intervenire sulle retribuzioni imponendo “vincoli amministrativi, finanziari e giuridici.

Essa invece, si limita, una volta intrapresa dal singolo governo la scelta di fissare un minimo salariale o tramite norma di legge o tramite contrattazione collettiva, ad integrare e completare le necessarie azioni degli stati membri, limitandosi a dei principi generali.

La direttiva fornisce in pratica una guida ed una cornice di attuazione.

Essa assume una rilevanza comunitaria più che nazionale, ponendosi non come limite, ma quale correttivo alla competitività esterna dei membri della Comunità Europea.

La direttiva punta ad istituire un quadro per fissare salari minimi ed equi.

Essa si limita a stabilire delle procedure per assicurare l’adeguatezza dei salari minimi e promuovere la contrattazione collettiva laddove essi esistono.

In pratica, una volta che uno stato membro si doti di un salario minimo dovrà stabilire un quadro procedurale per fissare ed aggiornare i salari minimi.

La normativa comunitaria, infatti, prevede che laddove via sia il salario minimo legale, questo debba essere pari almeno al 60% del salario mediano lordo nazionale e al 50% del salario medio lordo nazionale (parametri Ocse riconosciuti a livello internazionale). Inoltre, il salario minimo deve essere al di sopra della soglia di dignità, valutata non sull’individuo ma sul nucleo familiare, in funzione del potere d’acquisto calcolato sull’accesso a un paniere di beni e servizi essenziali a prezzi reali, comprensivi di Iva, contributi di sicurezza sociale e servizi pubblici. In sostanza, si lega la fissazione del minimo da un lato alla media delle retribuzioni generali del Paese, e dall’altro al potere d’acquisto reale delle famiglie.

Sono infatti previsti degli aggiornamenti periodici.

Le ricadute sul nostro sistema retributivo.

Nel nostro paese le retribuzioni minime non arrivano al 60% del salario medio proposto dalla UE.

Ci si chiede se potrà scattare l’obbligo di adeguarsi.

E’ inoltre in corso una notevole inflazione destinata con l’incombente crisi economica a ridurre rapidamente il potere di acquisto dei salari.

Esistono numerose aree di lavori atipici dove sussistono problemi di adeguatezza della retribuzione.

L’articolo 36 della Costituzione.

Per converso, nell’ambito del nostro ordinamento è estremamente importante la funzione dell’articolo 36 della Costituzione che riferisce l’adeguatezza della retribuzione non solo ai bisogni esistenziali del lavoratore, ma anche alla quantità e qualità del lavoro.

Dunque anche la proporzionalità delle retribuzioni rispetto alla qualità delle mansioni svolte assurge a principio costituzionale.

Questa norma, fondamentale per il riferimento della Costituzione al lavoro, non comporta una riserva normativa o contrattuale in favore dei sindacati per il regolamento dei rapporti di lavoro. (Corte Costituzionale n.106/1962). In quell’occasione, la Corte Costituzionale era chiamata a pronunciarsi in merito ad alcuni articoli della cosiddetta “Legge Vigorelli”.

E’ dunque possibile un intervento legislativo sul salario minimo che non comporti automaticamente la revisione delle regole sulla rappresentatività.

E’ necessario poi adeguare le retribuzioni dei lavoratori ad alta professionalità ai minimi contrattuali introdotti.

Eventuali altre ricadute.

Ciò non significa che l’introduzione per legge di un salario minimo non possa comportare conseguenze contrattuali e retributive al di fuori della stretta sfera di osservanza dello stesso.

Conseguentemente, le parti sociali sarebbero inevitabilmente condizionate dall’importo fissato come minimo legale anche per quanto riguarda la determinazione delle retribuzioni relative ai lavoratori inquadrati in qualifiche superiori rispetto a quelle interessate dal minimo legale. E così, anche per esse dovrebbero prevedere nei successivi rinnovi contrattuali incrementi proporzionali. Inoltre, sino a quando non vi sia un complessivo intervento di riadeguamento da parte dei rinnovi dei contratti collettivi, si potrebbe dubitare della rispondenza al criterio di proporzionalità dei minimi contrattuali relativi alle qualifiche superiori che, pur essendo rispettose del minimo legale, risultino uguali o solo lievemente superiori rispetto al minimo legale riconosciuto alle qualifiche inferiori.

In sostanza, l’aumento dei salari più bassi potrebbe incidere con un effetto a cascata anche su quelli più alti.

Esso potrebbe costituire inoltre uno stimolo per le organizzazioni sindacali ad ulteriori richieste retributive.

Potrebbe però anche verificarsi l’ipotesi che diversi livelli di inquadramento vengano sotto l’aspetto retributivo appiattiti.

Chi tutela la specificità delle categorie professionali, come quella dei quadri e di altre categorie particolarmente qualificate?

L’introduzione di una base di partenza retributiva appare idonea a rafforzare le dinamiche contrattuali e la tutela delle categorie destinate ad un ipotetico appiattimento delle loro posizioni.

Potrebbe infatti verificarsi un drenaggio di risorse contrattuali a danno delle categorie più alte o invece, come già accennato, un automatico livellamento retributivo.

Riteniamo quindi che nell’ambito della contrattazione e della rappresentatività dovrebbe essere riservato adeguato spazio alle istanze delle categorie maggiormente professionalizzate, come i quadri.

Trattasi non dimentichiamo di ambiti professionali destinati logicamente ad uno spazio di rappresentatività numerica limitato.

In tale ambito, l’associazione dei quadri non contesta la rappresentatività delle organizzazioni sindacali generaliste e non contesta neppure il ruolo della contrattazione collettiva nell’ambito della determinazione del salario minimo in concorrenza con la fonte legale.

Ciò che invece determina la nostra opposizione è il tentativo di imporre in forma surrettizia di una legge che attui l’articolo 39 della Costituzione una determinazione delle regole sulla rappresentatività da parte dei soggetti che ne dovrebbero divenire i destinatari.

Ci riferiamo in primo luogo all’accordo del 10 gennaio 2014 tra Confindustria, CGIL, CISL e UIL che redigevano un testo unico sulla rappresentanza ai fini della contrattazione nazionale di categoria e sulle rappresentanze in azienda.

Nella parte concernente la contrattazione collettiva l’ammissione alla contrattazione era riservata alle organizzazioni sindacali firmatarie dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e del successivo protocollo del 31 maggio 2013 che abbiano, nell’ambito di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tale fine la media fra il dato associativo (percentuale delle iscrizioni certificate) e il dato elettorale (percentuale voti ottenuti su voti espressi).

Ne seguiva la convenzione del 19 settembre 2019 tra INPS, Ispettorato Nazionale, del Lavoro, Confindustria CGIL, CISL, UIL, per ammettere alla contrattazione collettiva le sole organizzazioni sindacali rientranti nei parametri di cui all’accordo del gennaio 2014.

A tali accordi faceva seguito la circolare 3/2018 ed ulteriori interventi dell’Ispettorato del Lavoro volti a riconoscere esclusivamente CGIL, CISL, UIL quali parti contrattuali.

Questi interventi erano determinati dalla necessità di contrastare il diffondersi dei cosiddetti contratti pirata.

Nel nome di questa emergenza, si è voluto intervenire non con la selezione dei contratti mediante criteri oggettivi, ma sulla base di criteri soggettivi di difficile attuazione, sulla selezione dei soggetti atti a stipulare i contratti, eludendo così il delicato tema della rappresentatività sindacale.

Il sindacato dei quadri anche in ragione delle esigenze sopra menzionate, auspica che il dumping sociale e l’introduzione di un minimo salariale vengano introdotti senza interventi che non siano di legge sullo stato attuale della rappresentatività e che tengano conto delle emergenti e specifiche esigenze delle specifiche categorie professionali.

Fabio Petracci.

I quadri e la retribuzione minima

Breve sintesi della Presidente di CIU UNIONQUADRI Gabriella Ancora in tema di salario minimo in occasione del seminario “Salario minimo garantito” tenutosi a Milano il 14 luglio scorso.

Non a caso, la manifestazione odierna si tiene nella capitale industriale e finanziaria del nostro paese dove sentiti sono i temi del lavoro e della professionalità.

Assieme agli amici di FLAEI stiamo attuando una proficua collaborazione per rinsaldare l’attività sindacale dei quadri.

Nel corso di questo incontro, chiariremo la posizione dell’organizzazione dei quadri in merito all’introduzione di un minimo salariale.

Partiremo dai principi costituzionali che garantiscono l’equità e la proporzionalità della retribuzione, anche alla luce della recente direttiva comunitaria.

Il nostro obiettivo primario e fondamentale è quello di far ottenere a tutti i lavoratori la giusta retribuzione, senza peraltro sacrificare il merito e la professionalità.

Vogliamo altresì evitare che l’imposizione di un salario minimo comporti una selezione dei soggetti contrattuali difforme dalle previsioni dell’articolo 39 della Costituzione e che escluda i sindacati professionali.

Vogliamo che l’eliminazione dei cosiddetti contratti pirata anziché passare attraverso una innaturale, non necessaria ed incostituzionale selezione dei soggetti contrattuali, comporti invece effettivi e puntuali controlli sull’oggetto della contrattazione anche da parte del CNEL di cui la nostra organizzazione fa parte.

Come organizzazione dei quadri abbiamo ancora vivo il ricordo degli appiattimenti retributivi e morali verificatisi negli anni 70 che diedero luogo al sorgere di Unionquadri, e chiediamo di poter contrattare direttamente in qualunque forma le nostre retribuzioni.

Invochiamo quindi una contrattazione collettiva libera ed in grado di assicurare a ciascun lavoratore un’esistenza libera e dignitosa ed ai quadri una retribuzione proporzionata alla professionalità raggiunta.

Sono questi i tratti cui ispireremo il nostro incontro odierno.

SEMINARIO – Salario minimo garantito

Giovedì 14 luglio 2022 presso il Centro Congressi Fondazione Cariplo di Milano a partire dalle 15:00.

Autorità Portuale di Trieste – Pregiudicata la posizione professionale dei responsabili di area

Si è conclusa nell’ambito dell’Autorità Portuale di Trieste la trattativa per il contratto di secondo livello cui ha partecipato anche la delegazione di CIU UNIONQUADRI composta dall’avvocato Deborah Toscano, dall’ingegner Vanna Gentilli e dal dottor Sergio Nardini che hanno seguito l’intera trattativa.

Su di un punto è emerso un forte contrasto tra la nostra delegazione e l’Autorità Portuale nonché con le altre organizzazioni sindacali. L’Autorità Portuale di Trieste, infatti, nonostante la ferma e motivata opposizione di CIU UNIONQUADRI, ha introdotto per i funzionari di livello apicale l’istituto delle posizioni organizzative che tra l’altro è in fase di superamento nell’ambito delle amministrazioni pubbliche dove di recente è stata introdotta l’area delle Alte professionalità con incarichi similari a quelli dirigenziali.

In tal modo è stata immotivatamente pregiudicata la posizione retributiva e professionale dei responsabili di area.

A suo tempo interpellato, il Centro Studi di CIU UNIONQUADRI aveva fornito il seguente parere:

Sommario parere in merito all’inquadramento proposto nella piattaforma rivendicativa della Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale.

Quesito

Mediante la piattaforma rivendicativa contratto di secondo livello è introdotto al punto 12.3 un trattamento economico di posizione organizzativa da assegnarsi previa una ricognizione – analisi di responsabilità e professionalità destinate ai lavoratori – quadri  che svolgono compiti caratterizzati da elevata responsabilità.

E’ affermato nel documento che nell’operare sarà data attuazione all’articolo 4 e seguenti del CCNL che disciplina la classificazione dei quadri.

I dipendenti che mi pongono il quesito sono per la gran parte responsabili d’area ed a tale titolo percepiscono un’indennità mensile pari a euro 400 per 14 mensilità.

Mi viene rivolto il seguente quesito:

Può la contrattazione di secondo livello individuare le nuove posizioni organizzative ed eventualmente con quali limiti?

Soluzione

Partiremo dal CCNL di categoria che all’articolo 4.2 riconosce e disciplina la categoria dei quadri delle Autorità Portuali.

La norma prevede che appartengono alla categoria “quadri” quei lavoratori che, in relazione al modello organizzativo adottato dalle singole Autorità Portuali (organigramma della segreteria tecnico-operativa) sono responsabili di strutture organizzative complesse di line o di staff, comprendenti generalmente più unità organizzative;

Il contratto collettivo quindi, passa a disciplinare la suddivisione della categoria in Quadri A ed in Quadri B.

Esso definisce la figura del Quadro A come lavoratori che, con qualifica di quadro, svolgono funzioni direttive ed adempiono con continuità, in collaborazione con i responsabili ovvero autonomamente, a rilevanti compiti caratterizzati da un elevato livello qualitativo, da alte e consolidate specializzazioni per la risoluzione di problematiche interdisciplinari di notevole complessità;

Nella successiva categoria dei quadri B sono collocati i dipendenti che comunque ricoprono le attribuzioni di quadro.

Vi sono quindi comprese attività che comportano compiti di direzione, coordinamento, promozione e controllo, attività che siano svolte con carattere di continuità, con ampia autonomia decisionale – nell’ambito di indirizzi a carattere generale – e con conseguente assunzione di piena responsabilità per il funzionamento, l’attuazione e lo sviluppo dei programmi della struttura e/o delle funzioni cui sono preposti. Stabilisce la norma come tale il quadro abbia la responsabilità di porzioni strategiche di attività dell’Autorità Portuale. Secondo la normativa lo stesso quadro fornisce contributi originali al Segretario Generale e/o al dirigente dell’A.P. dal quale dipende, anche in termini propositivi, per la definizione degli obiettivi ed in ordine all’attuazione dei fini istituzionali dell’Autorità Portuale. Aggiunge la norma che esso risponde, conseguentemente, del raggiungimento degli obiettivi di piano e del budget delle unità (centro di costo – profitto) ai quali è preposto ed alla cui definizione ha contribuito. Il quadro assume inoltre, poteri di rappresentanza esterna dell’A.P., sia per la trattazione degli affari di competenza, sia attraverso l’esercizio di funzioni delegate, di procure, relative anche ad incarichi diversi, ivi compresi quelli relativi alla sicurezza del lavoro o, comunque, previsti da normative particolari, conferiti dagli organi dell’A.P.

All’interno della categoria, come sopra definita, dei quadri delle Autorità Portuali si individuano come già esposto per le due fasce professionali (A e B) differenti trattamenti retributivi tabellari.

Dunque l’unica differenza tra quadro A e quadro B corrisponde nell’ampiezza di poteri e di responsabilità.

Sempre nell’ambito della contrattazione collettiva di settore, esamineremo l’autonomia concessa alla contrattazione di secondo livello.

La materia è disciplinata in primo luogo da numerosi accordi interconfederali ed in ogni caso, il contratto collettivo (Sezione 6) permette in tema di mansioni la deroga da parte della contrattazione di secondo grado è ammessa solo in casi tassativi.

La deroga quindi è prevista laddove le mansioni pur essendo esigibili non siano esemplificate nella classificazione e non possano essere dedotte in via analogica.

Dall’esame svolto seppure in termini sommari si deduce che:

La differenziazione dei quadri in categoria A e categoria B è prevista dalla contrattazione collettiva ed è basata proprio sull’importanza delle mansioni e sul grado di responsabilità ed autonomia;

La contrattazione collettiva è derogabile da parte di quella di secondo grado solo in casi del tutto tassativi e limitati.

Ne deriva che:

La caratteristica principale della qualifica di quadro A è data dall’importanza delle funzioni rispetto a quelle ordinarie e basiche di quadro. Quindi istituire una posizione organizzative generalizzata a tutti i quadri ed in casi particolari addirittura ai funzionari, significa vanificare la disciplina contrattuale che stabilisce l’esistenza di due livelli di quadri basata proprio sull’importanza delle mansioni.

Suggerimenti operativi

 Si suggeriscono pertanto le seguenti linee di condotta:

 Qualora si ritenga compatibile con gli interessi degli iscritti, che per la gran parte sono inquadrati nella categoria Quadro A e ricoprono le attribuzioni di capo area, insistere perché le posizioni organizzative possano essere istituite separatamente nella categoria Quadro A dove dovrebbero coincidere con la qualifica di responsabile di Area e nell’ambito della categoria B dove comunque dovrebbero avere attribuzioni e compensi inferiori.

Qualora non interessi l’attribuzione di posizioni organizzative, fare presenti le riserve sopra formulate, e quindi avviare un parallelo ragionamento in relazione ai nuovi inquadramenti nell’ambito del pubblico impiego, anche in ragione del fatto che si vorrebbe considerare l’Autorità Portuale di Sistema come un ente pubblico non economico soggetto al DLGS 165/2001 Testo Unico del Pubblico Impiego.

In tale prospettiva il DL 80/2021 (Brunetta) prevede l’istituzione contrattuale di un’area riservata alle Elevate Professionalità, dove non esistono le posizioni organizzative, ma incarichi a tempo da attribuirsi ad ogni lavoratore, come avviene per la dirigenza pubblica.

La nuova legge restringe le posizioni organizzative alla sola categoria inferiore dei funzionari.

Quindi, si potrebbe ipotizzare incarichi a tempo determinato normalmente di responsabile di Area o equiparati per i quadri A, posizioni organizzative per Quadri B e Funzionari.

 Fabio Petracci

Arrivano le elevate professionalità anche nella sanità pubblica.

Anche l’ordinamento professionale che sta per essere introdotto con il nuovo CCNL della Sanità Pubblica risente degli orientamenti volti a rivalutare le elevate professionalità non dirigenziali manifestati con il DL 80/2021 e con il successivo CCNL delle Amministrazioni Centrali.

Nell’ambito sanitario il tema dell’inquadramento e della professionalità è reso più importante anche per il grave ed attuale impegno del personale e dall’esistenza di professioni che si caratterizzano anche a livello autonomo ed ordinistico.

Con il nuovo contratto, il personale non dirigente è ripartito in n.5 aree così suddivise:

  1. Operatori ausiliari (A);
  2. Operatori (B);
  3. Assistenti (C);
  4. Professionista della salute e dei funzionari (D);
  5. Personale di elevata qualificazione (E)

Ogni area contiene dei profili riferibili.

Il sistema di classificazione di cui raggruppa funzionalmente i diversi ruoli come di seguito specificato:

  •  Ruolo sanitario – personale infermieristico e delle altre professioni sanitarie: caratterizzato dallo svolgimento di attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva; alla riabilitazione, all’esecuzione di procedure tecniche necessarie alla effettuazione di metodiche diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, ovvero attività tecnico-assistenziale; all’attività di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle bevande, di igiene e sanità pubblica e veterinaria;
  • Ruolo socio sanitario: caratterizzato dallo svolgimento di attività dirette prevalentemente ad erogare prestazioni sociosanitarie e azioni di protezione sociale nonché ad intervenire in attività di mantenimento dello stato di salute ed in attività di lotta all’emarginazione, devianza e dipendenza;
  • Ruoli amministrativo, tecnico e professionale: caratterizzati dallo svolgimento di attività proprie delle funzioni finalizzate al miglioramento dell’attività aziendale di loro competenza nell’ottica dell’efficienza, efficacia e semplificazione dell’azione amministrativa, gestionale e tecnico -professionale.

La principale novità come già accennato è data dall’introduzione dell’area del Personale ad Alta Professionalità che in qualche modo pare differenziarsi dalle altre categorie non dirigenziali e richiamare la figura del quadro.

La norma contrattuale prevede che l’accesso all’area possa avvenire dall’esterno o tramite una progressione tra aree.

In patica, stabilisce la norma contrattuale che i profili di quest’area corrispondono a quelli dell’area dei professionisti della salute e dei funzionari alla cui denominazione però è aggiunto il suffisso” ad elevata qualificazione”.

In realtà l’aspetto qualificante per quest’area è dato dal fatto che a ciascun appartenente sarà conferito un incarico a termine come ora avviene per i dirigenti.

Tale incarico naturalmente comporterà una valenza economica.

Il nuovo contratto disciplina inoltre i passaggi di profilo e le progressioni economiche all’interno delle aree.

I passaggi di profilo avverranno previa verifica dei requisiti ed in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni.

E’ prevista inoltre anche una progressione economica all’interno delle aree mediante “differenziali economici di professionalità.”

L’attribuzione di questo istituto non determina attribuzione di mansioni superiori ed avviene mediante procedura selettiva di area, con il requisito di precedenti disciplinari nel triennio che non siano la multa

I “differenziali economici di professionalità” sono attribuiti, fino a concorrenza del numero corrispondente all’importo fissato per ciascuna area, previa graduatoria dei partecipanti alla procedura selettiva, definita in base alla media aritmetica semplice degli ultimi tre punteggi conseguiti e riportati nella valutazione annuale di performance individuale, a partire dalla media più elevata e proseguendo in ordine decrescente

Fabio Petracci

Siglata l’intesa precontrattuale nel Pubblico Impiego. Importanti novità per i quadri.

Un passo verso la meritocrazia.

In data 21 dicembre, è stata sottoscritta la preintesa contrattuale tra ARAN ed associazioni sindacali cui a breve farà seguito il nuovo contratto collettivo per le Funzioni Centrali delle Amministrazioni statali.

Il contratto è espressamente definito dalle parti come uno strumento efficace ed innovativo di gestione del personale per incentivarne lo sviluppo professionale.

Professionalità e meritocrazia sono state del resto le mete del Ministro Brunetta anche nelle precedenti riforme che non sempre hanno raggiunto lo scopo anche a causa della complessità dei meccanismi premiali.

Per queste ragioni la parte dedicata all’inquadramento ed alle progressioni di carriera è stata ampliamente modificata.

Le modifiche all’attuale inquadramento professionale.

Il precedente inquadramento limitato a tre aree e concentrato principalmente nell’area B e C ha subito un interessante mutamento.

Sono state eliminate le tre aree contraddistinte da un semplice numero e ne sono state introdotte 4 contraddistinte da un indicazione professionale.

L’area base è quella degli operatori caratterizzata da mansioni semplici e da una scolarità corrispondente alla scuola dell’obbligo.

L’area successiva è invece quella degli assistenti dove è previsto un livello di mansioni di media difficoltà ed una scolarità corrispondente al livello di scuola superiore.

La terza area è quella dei funzionari con compiti direttivi e professionalità superiore per il cui ingresso è prevista almeno la laurea breve.

Va notato che l’accesso in base al titolo di studio può essere sostituito da un periodo prefissato di permanenza nell’area inferiore.

L’ipotesi contrattuale riguarda pure le progressioni orizzontali che saranno impostate con criteri di anzianità uniti a criteri meritocratici. Le progressioni orizzontali rivestiranno esclusivamente valenza economica.

L’area delle Elevate Professionalità.

La vera novità è però data dall’istituzione di una quarta area definita delle elevate professionalità.

In quest’ambito dovrebbe trovare collocazione il fulcro delle professionalità del personale non dirigente.

L’intesa precontrattuale inoltre prevede conformemente a quanto già stabilito dalla legge 80/2021 la possibilità di transito meritocratico tramite procedura valutativa e non concorso per il passaggio all’area superiore.

Notiamo inoltre come le posizioni organizzative siano previste per la sola area dei funzionari, nel mentre nell’ambito della quarta area, sarà prevista l’attribuzione generale di incarichi, come accade per la dirigenza.

Sicuramente si tratta di un passo in più per le alte professionalità nel pubblico impiego e speriamo sia un passo verso la meritocrazia.

E’ previsto un periodo transitorio per l’attuazione del nuovo inquadramento.

All’ipotesi contrattuale è allegata la tabella 2 che stabilisce la corrispondenza tra il vecchio inquadramento ed il nuovo.

Particolare significativo è il fatto che tale corrispondenza non è attuata per quarta area delle elevate professionalità, dove saranno attuati criteri marcatamente meritocratici.

Va ricordato che è la legge 80/2021 a prevedere l’esistenza di un’apposita area delle alte professionalità e che quindi detto sistema di inquadramento dovrà trovare applicazione a tutti i settori del pubblico impiego, ivi compresi sanità ed enti locali, con eccezione della scuola.

La vicenda dei quadri e l’azione di CIU UNIONQUADRI.

A proposito ricordiamo come nell’ambito del pubblico impiego, non ha mai trovato attuazione la categoria dei quadri, né vi è stato riconoscimento alcuno per le alte professionalità non dirigenziali.

Diversi tentativi in sede giudiziale di dare attuazione al riconoscimento dei quadri nel pubblico impiego non hanno avuto buon esito, in quanto la giurisprudenza si è sempre attestata su di un principio di specialità dell’inquadramento incompatibile con la trasposizione nell’ambito del pubblico impiego delle categorie professionali del lavoro privato.

La legge (145/2002 Legge Frattini) che istituiva la vice dirigenza nel pubblico impiego è stata abrogata prima di aver visto la luce, per la forte ostilità manifestata dai sindacati confederali.

Torna ora ineluttabile a farsi sentire anche in ragione delle necessità derivanti dall’attuazione del PNRR, il tema della professionalità e della meritocrazia nell’ambito della cosa pubblica mortificato da un sostanziale appiattimento delle aree non dirigenziali voluto dai sindacati confederali.

Ora, l’assetto contrattuale prospettato appare evolversi secondo le previsioni di cui alla legge 9.6.2021 n.89 (Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia).

La legge, oltre ad aver previsto procedure concorsuali specifiche per reperire professionalità in grado di attuare i progetti connessi al PNRR, all’articolo 3 (misure per la valorizzazione del personale e per il riconoscimento del merito) prevede l’istituzione per il tramite della contrattazione collettiva di una quarta area professionale dove inquadrare il personale ad elevata qualificazione.

Su tale previsione, si era già attivato il sindacato CIU Unionquadri per dare un contenuto alla stessa che consentisse un reale riconoscimento della categoria. CIU Unionquadri aveva quindi ottenuto un incontro di una propria delegazione con il Capo Dipartimento del Ministero della Funzione Pubblica, chiedendo come ai componenti della nuova area dovesse riconoscersi un’adeguata dinamica retributiva e di carriera, e come per la stessa avrebbe dovuto ritenersi superato il sistema delle posizioni organizzative di natura temporanea e discrezionale.

I punti formulati dal sindacato dei quadri – CIU UNIONQUADRI erano i seguenti:

  1. Definizione dell’area come Area Quadri, Professionisti, Alte Professionalità.
  2. Selettività per l’individuazione della figura del quadro nella P.A.
  3. Eliminazione di qualsiasi automatismo retributivo e di carriera, collegamento della retribuzione all’incarico affidato ed ai risultati raggiunti.
  4. Individuazione di criteri normativi che prendano atto delle esigenze specifiche della categoria (assicurazione per responsabilità civile e difesa in giudizio, formazione continua, benefits anche legati a trasferimenti).

In particolare nel documento era auspicato che le posizioni organizzative in tale area fossero superate dal conferimento di incarichi simili a quelli previsti per la dirigenza.

Se, la definizione formale della nuova area come area quadri non risulta al momento attuata, per il resto molti dei contenuti inseriti nella preintesa ci dicono come si vada in ogni caso verso un’area ben precisa e distinta della alte professionalità.

Fabio Petracci