Sulla natura de rapporto di lavoro del medico di medicina generale
Prima di sviluppare l’argomento delle assenze del medico di base e per meglio comprenderlo, merita aprire una parentesi circa la tipologia del suo rapporto di lavoro.
L’ art. 8 del Decreto legislativo n. 502/1992 stabilisce che il rapporto tra il Servizio Sanitario Nazionale e i medici di medicina generale – MMG è disciplinato da convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali, di seguito detti ACN, stipulati ai sensi dell’art. 4, comma 9 della Legge n. 412/1991.
Il rapporto è, pertanto, di natura convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale. Visto il contenuto degli ACN, si può, inoltre, affermare che il rapporto, a livello di fatto, è un ibrido, ponendosi in una via di mezzo tra l’attività libero professionale e il rapporto di lavoro di tipo subordinata.
Gli ACN regolano, infatti, numerosi aspetti riguardanti il rapporto di lavoro dei medici di medicina generale di ruolo, ossia a tempo indeterminato, creando così, delle similarità con il rapporto di natura subordinata.
Dall’ altro lato vi sono, però, caratteristiche tali da avvicinarli alla tipologia del lavoro autonomo proprio dei liberi professionisti dal quale si discostano, comunque, notevolmente.
Il medico di base, per esempio, è libero di stabilire il suo orario di lavoro ma, nel farlo, a differenza del libero professionista, deve rispettare i minimi orari e le fasce orarie di copertura stabiliti dagli ACN. Una volta fissato il proprio orario, dovrà svolgere la sua attività negli orari prestabiliti. Eventuali modifiche agli stessi devono essere obbligatoriamente comunicate all’azienda sanitaria con la quale intercorre il loro rapporto di lavoro.
A differenza del medico-lavoratore subordinato, la struttura (ambulatorio) e le strumentazioni necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa non vengono fornite dall’azienda sanitaria al medico di medicina generale, il quale deve procurarsele in autonomia con oneri e costi a proprio carico.
Il medico di medicina generale, al di fuori degli obblighi e delle funzioni previste dall’accordo nazionale, può svolgere attività libero professionale purché lo svolgimento di tale attività non pregiudichi il corretto e puntuale svolgimento delle funzioni attribuitegli.
Oltre alle modalità di svolgimento dell’attività, gli ACN prevedono anche, per esempio, la misura e la struttura del trattamento economico e la disciplina delle assenze e delle sostituzioni.
Si pensi al fatto che, in caso di loro assenza a qualsiasi titolo, hanno l’obbligo di incaricare sempre un sostituto in modo tale che i pazienti possano sempre trovare a chi rivolgersi e quindi in modo da garantire la continuità assistenziale.
I numerosi vincoli stabiliti dagli ACN si conformano all’obbligo e alla necessità di rispettare i livelli essenziali di assistenza – LEA, stabiliti a livello nazionale.
Sulle assenze del medico di base
Focalizzandoci ora sulle assenze, l’art. 55 dell’ACN del Triennio 2016 – 2018 (ossia l’ultimo sottoscritto e oggi vigente) prevede le assenze per la malattia e per la gravidanza o puerperio. Quanto a quest’ultima, è prevista un’assenza massima di 6 mesi durante i quali la retribuzione viene corrisposta per 14 mensilità.
Per quanto concerne la malattia, ai sensi dell’art. 55 dell’ACN del Triennio 2016 – 2018, il periodo di comporto risulta essere di n. 9 mesi ogni 30 mesi. Per i primi sei mesi il medico riceve il 100% del trattamento economico; il 50% per i successivi tre mesi. I mesi di malattia possono essere svolti continuativamente o in maniera frazionata.
Terminato questo periodo, è prevista la conservazione del posto di lavoro per 15 mesi. Si tratta, per quest’ultima, di una forma di aspettativa durante la quale l’Azienda non retribuisce il medico. Essendo la conservazione motivata dallo stato di malattia del medico, rectius dalla sua inabilità temporanea allo svolgimento dell’attività professionale, sarà necessario che questi ultimo, per vedersi riconosciuta la conservazione, continui a produrre i certificati medici di malattia anche durante il periodo di aspettativa di 15 mesi, in modo da comprovare il suo stato e pertanto il fondamento della sussistenza del requisito per conservare il posto.
Una volta concluso tale periodo, il medico o riprende l’attività lavorativa oppure l’Azienda risolve la convenzione.
Circa la modalità per attivare la conservazione del posto (aspettativa di 15 mesi), dalla lettura della norma non risultano esserci degli oneri o delle formalità in carico al medico. Al contrario, l’attivazione da parte del professionista sembra automatica allo scadere del comporto di malattia (i nove mesi).
Vi è quindi una differenza con la disciplina prevista per i rapporti di lavoro subordinato dei pubblici dipendenti. Per questi ultimi, il D.lgs. 171/2011 prevede la conservazione del posto di lavoro previa istanza dell’interessato o decisione dell’azienda, la quale non è, quindi, obbligata a conservare il posto di lavoro al dipendente nel caso questi non formuli espressa domanda. L’attivazione del periodo di conservazione, per i pubblici dipendenti e quindi non per i medici in convenzione, avviene all’esito del giudizio formulato dalla commissione medica competente, in seguito alla visita a cui si sottopone il dipendente. Se il giudizio risulta essere di assoluta e permanente inabilità a svolgere le mansioni o l’attività lavorativa, l’Azienda può risolvere il rapporto con il dipendente (ciò non vale per il medico in convenzione).
La conservazione del posto per i sanitari dipendenti pubblici viene accordata quando l’inabilità accertata è di tipo temporaneo, in quanto la temporaneità dell’inabilità fa supporre la possibile riacquisizione dell’idoneità lavorativa.
Le considerazioni appena svolte ed inerenti alla conservazione del posto di lavoro dei pubblici dipendenti risultano utili al solo scopo di vagliare la modalità di attivazione della conservazione del posto di lavoro, che avviene su istanza o decisione aziendale nel caso del pubblico dipendente mentre appare automatica per il medico convenzionato di medicina generale, il quale quindi non dovrebbe attivare procedura alcuna per fruire degli ulteriori 15 mesi.
Sul trattamento economico in caso di assenza per malattia
I primi 30 giorni di malattia sono a carico del medico e durante questo periodo viene rimborsato dalla sua assicurazione. Dal 31° giorno di assenza per malattia è, invece, l’ENPAM a corrispondere al medico l’indennità di malattia, chiamata, più nello specifico, indennità per inabilità temporanea allo svolgimento della professione. Un tanto per un periodo massimo di 24 mesi, che vanno ad aggiungersi ai primi 30 giorni, negli ultimi 48 mesi di vigenza del rapporto convenzionale.
Dopo la ripresa dell’attività lavorativa convenzionale l’indennità spetta dopo un nuovo periodo di carenza di trenta giorni, un tanto in maniera conforme alla disposizione per la quale nei primi trenta giorni di malattia non è l’ENPAM bensì altra assicurazione ad erogare al medico un’indennità.
Da quanto sopra, si deduce che il periodo massimo di 24 mesi può essere anche frazionato. In altre parole l’ENPAM corrisponde l’indennità per i periodi di malattia superiori a 30 giorni, fino ad un cumulo massimo di 24 mesi ogni 48 mesi.
Per quanto concerne la misura dell’indennità per inabilità temporanea, questa, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento ENPAM a tutela dell’inabilità temporanea, per gli iscritti che versano il contributo con l’aliquota intera, è calcolata su base giornaliera ed è pari ad 1/365 dell’80% del reddito medio annuo imponibile presso la “Quota B” – al netto del reddito già soggetto a contribuzione “Quota A” – nei tre anni precedenti l’insorgenza dello stato di inabilità, per un massimo di 171,14 al giorno. Per gli iscritti che versano con l’aliquota ridotta il sussidio viene rideterminato tenendo conto della percentuale versata.
Altre assenze
L’ACN non prevede altre cause di assenza provviste di copertura economica. Non vi è, quindi, a differenza del lavoro subordinato e analogamente a quello autonomo, la previsione di giorni di ferie retribuiti.
Per il proprio recupero psico-fisico il medico di medicina generale potrà sì assentarsi dall’attività, ma dovrà garantire, come sempre, la continuità assistenziale. Dovrà, pertanto, incaricare un sostituto e remunerarlo a proprie spese.
Dott.ssa Anna Chiara Monti